SCRITTO DA: Helen Dayem, Tradotto da Mary Rizzo
Homs, o Hims come è anche chiamata, è la terza città della Siria per grandezza ed è posizionata strategicamente nella fertile Vallata del Fiume Orontes (Naher al-Aassi, – Assi significa Ribelle, siccome il fiume scorre verso il nord) della Siria centrale, tra Damasco (162 km più a sud) ed Aleppo (193 km più al nord). E’ molto vicina alla costa (Tartous, 96 km più al ovest) e geograficamente si trova nel centro della Siria.
E’ il posto ideale per una capitale per la setta Alawita!
Da quasi vent’anni ormai, Homs è diventata il luogo dove gli Alawiti emigrano a migliaia. Provengono dai loro paesini nelle montagne che circondano la città e costruiscono abusivamente aree gigantesche per le loro comunità. Quando dico “abusivamente”, intendo che gran parte delle case, dei negozi e persino delle scuole nelle loro aree sono stati costruite senza permessi; non erano necessari naturalmente, perché il loro leader Bashar lascia fare loro ciò che vogliono, mentre il resto della comunità di Homs, composta per il 70% circa da Musulmani sunniti e per il 10% circa da Cristiani, deve fare le domande per ottenere i permessi, persino per potere dipingere e decorare le proprie case all’interno, e ciò converranno tutti che ha dell’ incredibile!
Il problema più grande a Homs nella fattispecie è che la comunità Alawita non ha mai vissuto insieme ai Musulmani e Cristiani, preferendo restare unita nelle proprie zone, che però si spandevano a macchia d’olio lungo la via principale per Damasco.
L’anno scorso, in occasione della mia ultima visita nella loro area, ero rimasta sbalordita da come si fosse ingrandita l’area, con belle strade nuove di zecca, nuove strutture sportive, nuove aree commerciali: era cresciuta e si era sviluppata oltre ogni ragionevole aspettativa!
Naturalmente, erano venuti in città per lavorare, la maggior parte di loro ottenendo impieghi statali, spesso ricoprendo mansioni mai realmente svolte, addirittura senza presenziare nei posti di lavoro, ma arrivando prontamente in città ogni fine mese per riscuotere gli stipendi governativi, attendendo in file che potevano contare varie centinaia di persone fuori all’ufficio del governo. Li vedevo ogni mese e nel mentre mi chiedevo da dove provenisse tutta questa gente.
Sì, i lavori statali erano riservati principalmente agli Alawiti, specialmente impieghi di alto livello, a prescindere dalla meritocrazia e, nei vent’anni in cui ho vissuto a Homs, ho realizzato che tenevano la città in pugno, in un pugno sempre più stretto: mentre le loro tasche si riempivano di tangenti, noi eravamo costretti a pagare per potere accedere ad un qualsiasi servizio e per svolgere qualsiasi attività, persino per fare le cose di tutti i giorni.
Anche la polizia a Homs, composta per lo più di Alawiti, poteva fermare la tua macchina, o il pulmino della scuola, senza motivo, solo per poter intascare dei soldi e noi …. pagavamo! Era più semplice che aspettare in fila per ore interminabili, ed essere trattati come cittadini di serie B per essere poi comunque costretti a pagare qualcosa di non dovuto!
Stavano cominciando a strangolare la popolazione con la loro corruzione, e stava diventando quasi impossibile per i giovani trovare un lavoro che meritavano. Dopo aver compiuti gli studi universitari, diventava per loro chiaro che i posti migliori erano riservati ad altri.
I Professori universitari accettavano bustarelle dagli studenti affinché potessero superare gli esami. Non paghi? Allora, non superi l’esame! Il meccanismo era facile e trasparente, e so con assoluta certezza che gli studenti Alawiti durante gli esami erano informati preventivamente delle domande a cui sarebbero stati sottoposti negli esami. Era chiaro anche dal modo in cui loro finivano sempre gli esami a tempo di record, senza aver studiato neppure la notte precedente, e spesso erano proprio loro stessi che ridevano di questa situazione.
Homs sarebbe appartenuta a loro! Questo abbiamo capito quando il Sindaco, Eyad Ghazal, ideò un nuovo progetto: “Il Sogno di Homs”. E che sogno! Le proprietà che appartenevano ai Musulmani e ai Cristiani della Città Vecchia, sarebbe stata acquistata – coattamente – dal governo, e ad un prezzo che era sola una frazione del valore reale, e sarebbero state sostituite dei parcheggi. Sì, le vite delle persone sarebbero state sconvolte, e persino la zona agricola tra Homs e il quartiere Waar era compresa nel piano di esproprio, destinata a diventare giardini pubblici, e naturalmente, a meno del 10% del loro valore sul mercato immobiliare. La gente di Homs cominciava a preoccuparsi e a ragione. Il piano era evidente: la città doveva essere svenduta alla setta Alawita, dopodiché loro si sarebbero insediati lì!
Il piano era già in atto da diversi anni precedenti. Come mi era parso di notare con i miei professori nella mia scuola, molti di quali erano Alawiti, sui loro documenti d’identità era scritto Homs, Khaldiyie o Bayada, mentre in realtà provenivano da Latakia o Tartous! Esiste una regola di ferro nella Siria: i documenti d’identità DEVONO riportare il luogo d’origine della famiglia, e dunque, il loro piano era già in azione, erano già Homsi, anche se né loro né i loro antenati erano nati lì. Il Sindaco era pronto a distruggere il patrimonio storico della Città Vecchia semplicemente per far sì che la sua gente potesse emigrare lì. Ma il popolo di Homs aveva capito questo trucco sporco e nelle prime manifestazioni aveva chiesto la rimozione del Sindaco e del suo terribile “Sogno”.
La risposta dell’amministrazione locale furono pallottole vere, come io stessa avevo visto, e quella prima manifestazione aveva peggiorato rapidamente la situazione.
Sconvolti ed indignati dagli attacchi diretti e violenti contro di loro da parte delle forze del governo, gli abitanti di Homs cominciavano a chiedere la caduta del regime e non solo dell’amministrazione locale, e venivano strappate dai muri le foto del Presidente dall’ “Officer’s Club” sulla via Hama in Homs.
Homs aveva messo la parola “fine” al sogno del Sindaco, al sogno del Presidente. E Homs continua a lottare oggi, per fermare il progetto del governo di compiere il loro sogno folle: quello della distruzione della Vecchia Homs e la sua trasformazione in Capitale degli Alawiti. Ora, più del 53% della Città di Homs è stato distrutto, il 70% della comunità Musulmana e Cristiana è stata sfollata. Si potrebbe considerare questo come “Pulizia Etnica”? Assolutamente sì. Non posso pensare a nessun altro modo per descriverlo, ed il silenzio del mondo permette a Bashar di proseguire nell’attuazione del suo sogno Homs: Capitale Alawita della Siria!
Helen Dayem è un’attivista siriana da Homs e madre del coraggioso Danny Abdul Dayem. Tutte le opinioni espresse nell’ articolo sono quelle dell’autore.