TRADOTTO dall’inglese da Luca Urbinati
Dobbiamo delle scuse al popolo Siriano per ogni giorno che furono macellati prima che i nostri occhi (potessero vedere) durante i passati undici mesi. I popoli Arabi li hanno delusi ed hanno guardato dai bordi come se “il cuore dell’Arabismo” è divenuto circondato da Arabi senza cuori.
Da Venerdì 3 a Venerdì 10 Febbraio, 755 Siriani furono uccisi, e dall’inizio della leggendaria Intifada a metà Marzo lo scorso anno, il regime di Assad ha ucciso 8.000 persone. Altri 10.000 sono scomparsi e le prigioni Siriane sono riempite da numeri incalcolabili. L’unico crimine che queste persone hanno commesso è di domandare dignità e libertà per il loro Paese, dopo quasi 45 anni di tirannide ed oppressione.
Durante i mesi scorsi, non abbiamo visto nulla della Syria ma un Paese macerato dal sangue del proprio popolo. Le sue strade traboccano di precessione funerarie delle vittime, e le sue città sono minacciate di devastazione e distruzione al suono delle voci che chiedono libertà. L’unica cosa ad essere udita è il ronzio dei missili e bombardieri; l’angoscia di coloro intrappolati che chiedono la fine dei massacri, le urla di coloro che insistono a rovesciare il regime, ed i sostenitori per ogni Arabo od intervento internazionale che possa frenare i nuovi attacchi Tartari (Huns).
Questo crimine, che è stato in corso per gli undici mesi passati, ha mosso duramente ognuno nel mondo Arabo dove la maggioranza pensa che sia sufficiente seguire gli eventi in televisione, come fanno con ogni soap opera Turca!
Ironicamente, il mondo Arabo e Musulmano si scosse con rabbia quando Salman Rushdie ha pubblicato i “Versi Satanici”, ed ugualmente quando un quotidiano Danese ha pubblicato dei cartoni del Profeta Muhammad (Maometto) (pace su di Lui), ma poco importa riguardo il massacro in corso contro il popolo Siriano.
E mentre capisco la legittimità nell’esprime rabbia quando una violazione viene commessa contro le sacre scritture, io sono sorpreso al caso contrario in difesa della dignità dei Musulmani. Questo, in parte, mostra l’estensione dello squilibrio nei prevalenti concetti che separano fra la dotrrina e la dignità di una persona. Questo confina gelosia e protezione al primo ma non si estende al secondo. Questo, mentre si conosce che le dottrine sono protette da Dio, mentre la violazione della santità del popolo e la loro dignità rappresentano un attacco ad uno dei diritti di Dio che richiede vigilanza, condanna e chiama a stringersi intorno e punire l’oppressore.
Se qualcuno dovesse dire che la Lega Araba ha intrapreso iniziative, ha iniviato controllori ed è andata al Concilio di Sicurezza allo scopo di guadagnare un po’ di influenza nei confronti del regime di Damasco, io non sarei in disaccordo. Tuttavia, la Lega Araba rappresenta i governi e non il popolo. Gli osservatori sono andati in Siria, e sono tornati indietro non avendo fatto nulla che possa cambiare l’equazione. Invece, il regime di Assad ha capitalizzato nella loro missione per guadagnare tempo allo scopo di terminare la soppressione delle manifestazioni.
Con riguardo al Concilio di Sicurezza, questo approccio è stato abortito dai Russi e Cinesi usando il loro veto. Non ci sono più iniziative capaci di risolvere questo problema internazionalmente eccetto per la conferenza di Amici della Siria sollecitata dalla Francia, ed una conferenza parallela sollecitata della Turchia. I più importanti sviluppi ufficiali che hanno preso posto nel livello Arabo sono stati il ritiro della Missione dell’Osservatore, l’espulsione degli ambasciatori Siriani dalla Tunisia e dai Paesi del Concilio di Cooperazione del Golfo (GCC), e la ricognizione della Libia da parte dei Concilio Nazionale rappresentante la rivoluzione Siriana.
Nel caso della Libia, era chiaro che la caduta di Gheddafi si è verificata per l’intervento della NATO. Questo è stato ripetuto nello Yemen dal lancio dell’Iniziativa del Golfo con chiaro supporto Occidentale, e dove il Presidente Ali Abdullah Saleh non ha avuto scelta se non lasciare alla fine. Nel caso della Siria, le cose sono più complesse alla luce dell’impossibilità dell’intervento internazionale, l’impossibilità della riconciliazione fra il popolo ed il regime dopo tutto il sangue che è stato versato, l’intrattabilità dell’azione militare interna, e la fragilità della pressione Araba. Ciò significa tre cose: in primo luogo, che il regime Siriano è ancora relativamente coerente e può andare avanti a meno che ci sia una sorpresa inaspettata. In secondo luogo, che nell’attuale clima Arabo ed internazionale, sembra che il popolo Siriano sia destinato a combattere la propria battaglia da solo. Ed in terzo luogo, che questa battaglia sarà estesa, che la sofferenza del popolo continuerà e con questa, il pedaggio dei sacrifici ed il dolore aumenteranno.
Raccogliendo forza attraverso i fattori interni così come attraverso il supporto regionale ed internazionale, il regime Siriano è a suo agio nel trattare con il popolo Siriano nel modo in cui vuole, ed è riluttante nel fare un passo indietro. Quindi, tutti i suoi slogans di cambiamento e parlare di dialogo nazionale e riforma politica sono senza senso, e non vengono più prese seriamente. E’ divenuto chiaro a tutti che sono scuse per guadagnare tempo.
Internamente, il regime Siriano dipende dalla sua forte presa di sicurezza, e dal supporto di gran parte del segmento della minorità Alawita che il regime utilizza come spaventapasseri non solo per spaventare il popolo con la probabilità di una guerra civile, ma anche per spaventare il vicino della Siria, la Turchia, che ha più di dieci milioni di cittadini Alawiti. Il regime Siriano utilizza la carta della minoranza etnica e religiosa non soltanto per spaventare gli altri delle sue alternative, ma anche per sfidare ed intimidire i suoi vicini.
Nella faccia della pressione Turca, ad esempio, si agitano entrambe le carte gli Alawiti ed i Kurdi. Sebbene i Kurdi della Siria sono 200.000, maggiormente nella provincia di Qamishli, nel nord della Turchia, ci sono più di 12 milioni di Kurdi ed il loro conflitto con Ankara ha una lunga storia.
Il regime ottiene forza anche attraverso l’esteso supporto Iraniano che è accompagnato dal supporto Iracheno e dal supporto degli Hezbollah in Libano.
E’ risaputo che c’è un’alleanza strategica fra Siria ed Iran ove Teheran fa affidamento sul regime di Assad, e non sul popolo Siriano, e che la coalizione protegge i due Paesi, da un grado od un altro, di fronte alla minaccia Israeliana. Comunque, anche l’Iran ha i suoi motivi religiosi. Esso rafforzerebbe la posizione della setta Alawita più vicina agli Sciiti in Siria, e rafforza la posizione degli Hezbollah in Libano. Il cambio del regime a Damasco non soltanto pone questa equazione a favore dei Sunniti in Siria, minaccia anche il cambio della situazione in Iraq, in quanto rafforza i Sunniti là di fronte ai dominanti partiti Sciiti fedeli all’Iran.
La conclusione è che il regime Siriano, nella sua resistenza ad ogni cambio politico, deriva forza da diverse carte che tiene in mano e si riscalda contro l’alterare l’equilibrio delle forze regionali. Il messaggio che il regime di Assad desidera inviare ad ognuno è che se è cattivo, ciò che comunque può venire dopo la sua morte sarebbe molto peggio.
Come per l’arena internazionale, il regime Siriano sta contando sul supporto di Russia e Cina, come è stato visto nel veto utilizzato dai due Paesi nel Conciglio di Sicurezza. Ciò che spinge i due Paesi ad attuare questa presa di posizione è che essi sono contro l’incremento dell’influenza Americana nella Regione. Essi hanno detto esplicitamente che i Paesi Occidentali li hanno “ingannati” quando hanno deciso di non opporsi all’imposizione dell’embargo aereo in Libia. Là, la NATO divenne impegnata nelle operazioni militari, e Russia e Cina furono ignorate – uno scenario che loro non vogliono veder ripetersi. In aggiunta, la Russia ha relazioni speciali con Damasco in quanto ha una base di servizio militare al porto di Tartus, e tutte le armi Siriane vengono acquistate da Mosca. Come per la Cina, è delicato appoggiare ogni cambiamento democratico attraverso il Concilio di Sicurezza e non vuole che il Concilio di Sicurezza inferferisca negli affari interni di ogni Paese in quanto ciò potrebbe ritorcersi contro Pechino ed aprire un numero di files interni, causando imbarazzo.
Ciò che è così rimasto lontanamente assente dalla scena è la pressione dei popoli Arabi, specialmente da un Paese come l’Egitto, il quale si supponeva avrebbe preso l’iniziativa e che ognuno tratta come una “grande sorella”. La domanda è, perché tutto questo sangue versato in Siria non ha causato reazioni nelle strade Arabe in generale, e particolarmente in Egitto? Ci sono vari fattori che hanno contribuito a questa assenza, inclusi i seguenti:
Da quando l’Egitto ha firmato il suo trattato di Pace con Istraele nel 1979, praticamente ha abdicato il suo ruolo di comando, ed è caduto in un coma a lungo termine che continua a persistere. Durante questo trance, non lo ha tenuto solo per lui, ma ha pure aderito alla campagna dei cosiddetti “moderati” che praticamente si risolvono nell’orbita delle politiche Americane. Uno può soltanto immaginare la eco in tutto il mondo Arabo che hanno portato le azioni della “grande sorella”.
L’atmosfera della Primavera Araba ha sopraffatto vari Paesi e li ha resi occupati dai loro affari interni. Il ribaltamento dei regimi richiede un grande sforzo dato che altri nuovi devono essere stabiliti il che, distoglie l’attenzione da altri eventi importanti che prendono posto nell’arena Araba.
Alcune delle élites ricordano ancora la posizione del regime Siriano a supporto della resistenza palestinese. Loro considerano questa posizione positiva come uno che assolve l’errore, e sono sospettosi dei membri dell’opposizione Siriana.
Il file Siriano è molto più complicato di quanto molti percepiscono che sia. Non c’è disaccordo che il regime a Damasco è dominato da una manciata di cattivi ragazzi, ma che le forze esterne che cercano di rovesciarlo sono anch’esse guidate da una lunga linea di cattivi ragazzi anche – una materia che sgretola parecchi che stanno ora pesando preferenze fra il male che conoscono e quello che non conoscono.
L’internazionalizzazione del problema è divenuta sospetta dopo l’esperienza della NATO in Libia. La situazione che stiamo trattando ora è più difficile, perché la Libia ha solamente ricchezza di petrolio, mentre la Siria è unita ad una nuova mappa dell’Est, e forse tutto il Medio Oriente se teniamo conto dell’impatto della caduta del regime Siriano in Iran e Turchia.
Cosa fare poi? La mia risposta è che dovremmo gridare pazzamente dicendo NO al continuo dei massacri, e NO all’intervento della NATO. Considerato questo, non abbiamo scelta se non renderci conto che il collasso del regime di Assad si frappone fra di noi ed aspettando una soluzione Araba che può applicare pressione per fermare i massacri e spedire l’autorità al popolo Siriano.
Sembra che non ci sia altra scelta prima di noi se non affidarsi ai popoli Arabi, che si sono finalmente svegliati ed hanno aumentato le loro voci che furono per così tanto tempo oscurate dai regimi autoritari. Abbiamo recentemente sentito le voci di quei popoli nelle manifestazioni in Tunisia, Libia e Mauritania. Fin quando non si sente la voce del resto dei popoli Arabi, particolarmente del popolo dell’Egitto, dobbiamo offrire le scuse al popolo Siriano per averli delusi ed aver omesso di dichiarargli solidarietà. Se loro non ci perdonano o non accettano le nostre scuse, allora sono scusati. Io non sono autorizzato ad offrire delle scuse, ma io la offro a nome mio sentendo un alto grado di tristezza e vergogna.
*L’autore è uno scrittore Egiziano. Questo articolo è una traduzione dall’Arabo che è apparso su al Jazeera net il 14/02/2012
Originale su http://www.middleeastmonitor.org.uk/articles/middle-east/3441-an-apology-to-the-syrian-people
Giusto quello che dice lo scrittore ,dobbiamo fare qualcosa per i nostri fratelli ,non dobbiamo stare cosi’ zitti , il regime di Assad prima o poi finira’ ,io ne sono sicura ma questa e’ una prova per ogni essere umano specialmente per noi arabi e ancora specialmente per noi musulmani che crediamo che verremo chiesti da Allah di ogni nostro fratello opresso che abbiamo lasciato soffrire pur potendolo aiutare . Dobbiamo fare tutti du3a ,dobbiamo manifestare davanti alle ambasciate siriane in tutti i paesi arabi ed islamiche , dobbiamo donare qualcosa ai nostri fratelli sotto l’assedio ,e’ un obbligo perche’ questo e’ un momento di jihad e se non possiamo fare jihad con il nostro nafs ,facciamolo allora con il nostro mal ( soldi) . Che Allah aiuti i nostri fratelli siriani e palestinesi , che Allah solleva i suoi dolori , che Allah gli doni la pazienza ,che Allah rinsalda i loro cuori ed empia i cuori di chi li opprime di paura e debolezza ! amin ya Rab . Alla fine vorrei ringraziare il tradottore ” Luca Urbinati” per la sua traduzione che sicuramente aiuta chi conosce solo l’italiano ad aprire gli occhi sulla questione del popolo siriano .